Gaudì
- Ivana
- 13 apr 2017
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Antoni Gaudì y Cornet nasce nel 1852 a Reus, Terragona, in una famiglia di calderai (artigiani che lavoravano il metallo) alla quale attribuirà sempre le sue capacità, la sua inventiva e la sua fantasia. Per dieci anni frequentò il collegio dei Padri Scolopi di Reus e poi la Facoltà di Scienze dell’Università di Barcellona (1863-1873), dove si interessò soprattutto agli insegnamenti pratici. Gran parte della sua cultura e ispirazione architettonica però, Gaudì le coltivò sul campo: nel 1883 realizzò un viaggio a Banyuls, Elne e Carcassonne subito dopo aver assunto l’incarico della realizzazione della Sagrada Familia. In particolare a Carcassonne, egli approfondisce le sue conoscenze sul gotico (ricordiamo infatti che a quel tempo la Spagna era rimasta indietro e all’oscuro di tutti i progressi, anche in campo architettonico, che il resto d’Europa aveva conseguito). Questo viaggio fu per Gaudì un ampliamento delle sue conoscenze di architettura che fino ad allora lo avevano portato ad attenersi allo stile autoctono mudéjar, ovvero una mistione tra influenze arabe e tradizioni locali. Ad ogni modo, il suo rifarsi ad un qualsiasi stile non fu mai filologico, bensì egli reinterpretava sempre ogni spunto a modo suo. Inoltre va ricordato che se oggi possiamo ammirare le opere di Gaudì, in parte lo dobbiamo al suo mecenate Guell. Gaudì ebbe infatti la fortuna di incontrare questo ricco industriale che, rimasto estasiato da una vetrina per un negozio di guanti disegnata dal maestro in gioventù, decise di dargli massima fiducia e massima disponibilità economica affinché potesse lasciarci ciò che ci ha lasciato.
Dedicò tutta la vita all’architettura.
Non si sposò mai: la sua unica famiglia furono infatti il padre e una nipote. Visse parte della sua vita in una delle due ville realizzate in Parc Guell, in quella che oggi è il Museo di Gaudì e ha vissuto gli ultimi suoi dodici anni di vita nel cantiere della Sagrada Familia.
Nell'ultimo periodo era solito fare tutte le sere una passeggiata dalla Sagrada Familia fino ad una chiesa che si trovava nel centro storico; era una passeggiata di alcuni chilometri che Gaudì trovava salutare, avendo sofferto di reumatismi fin da giovane. Fu proprio in una di queste passeggiate che fu investito e lasciato moribondo per strada, finché un tassista, che lo aveva scambiato per un barbone, lo portò all'ospedale di Santa Creu dove pochi giorni dopo morì. Non deve meravigliare il fatto che l’architetto più famoso di Barcellona non sia stato riconosciuto da nessuno e dunque soccorso in tempo: va ricordato che Gaudì, oltre al fatto che non incarnava i tipici caratteri iberici (era infatti rosso con gli occhi azzurri e di carnagione chiara), non amava essere immortalato: di lui si possiedono solo pochissimi scatti. Ecco quindi che, agli occhi dei barcellonesi stessi, l’artista non aveva un volto.
Tutti i suoi edifici si reggono in base a degli studi effettuati su modellini con sacchetti di sabbia, che Gaudì utilizzava come pesi prova. L’opera non si poteva dire conclusa in fase progettuale, quest’ultima serviva praticamente a dare solo un’idea delle intenzioni dell’artista; Gaudì era solito portare avanti le sue realizzazioni secondo dei work in progress, lavorando affiancato da ottimi artigiani (segno questo che le sue opere le viveva) che con la loro esperienza resero attuabili le sue “folli” o “geniali” idee. Questa doppia possibilità di considerazione risale fin dai tempi della tesi di laurea: Gaudì portò, infatti, il portale di un cimitero, che arricchì con l’aggiunta di un carro funebre. L’iniziativa suscitò non poco scalpore, tanto che il Preside della Facoltà era dubbioso se ammetterlo o meno, dichiarandosi indeciso se definirlo un pazzo o un genio. Questa duplice considerazione che gli altri avevano di sé, che non ammetteva vie di mezzo alcune, fu sempre motivo di sofferenza per Gaudì tanto da condizionarne gli atteggiamenti. Visse infatti delle fasi molto contraddittorie tra loro: dall'abbigliamento dandy dell’età giovanile ad un abbigliamento scialbo, quasi da barbone, in età adulta; da anticattolico a fervente credente, tanto che nell'ultima fase della sua vita, amava definirsi “l’architetto di Dio”: considerava la natura un’architettura divina e riteneva di poter fungere da intermediario architettonico fra Dio e gli uomini. Dalla natura traeva le forme architettoniche. “Ciò che è in natura è funzionale, e ciò che è funzionale è bello......Vedete quell'albero? Lui è il mio maestro” diceva Gaudi a chi gli domandava da dove traeva le sue forme. Nonostante le contraddizioni, il genio e la follia, le numerose ispirazioni, non possiamo non affermare che le opere che quest’artista ci ha lasciato sono uniche nel loro genere e pertanto degne di essere annoverate tra le più importanti e interessanti architetture mai realizzate.
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